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Ammassalik oggi

Gli inuit di Ammassalik, caratterialmente amichevoli e aperti agli stranieri, mantengono in maniera marcata i tratti principali della originaria cultura.
Le danze, il folklore, le concezioni della vita e della caccia intese come dono della natura sono ancora quelle di 1000 anni fa e la famiglia, complici i molti mesi di freddo e buio che costringono il nucleo familiare a vivere a stretto contatto per molto tempo, è sempre il principale centro di socialità.

Altra peculiarità culturale è la mancanza assoluta del senso della proprietà.
In sua vece si è sviluppato un forte senso della condivisione, indispensabile per far fronte alle carestie che hanno sempre colpito questi villaggi.
Anche l'alimentazione è rimasta quella tradizionale: soprattutto la foca e la balena. Nessun'altra alimentazione è abituale, nè possibile.
Quando la caccia e la pesca non sono sufficienti per soddisfare il bisogno del nucleo famigliare, questo rimane senza mangiare anche per svariati giorni.

 

 
 
 

Negli ultimi anni del secolo scorso, a seguito del massacro dei cuccioli di foca perpetrato in Canada per la predazione della pelliccia, in molti Paesi del mondo l'importazione delle pelli è stata regolamentata e permessa esclusivamente se certificata proveniente dalla caccia alimentare.
Nonostante questa normativa venisse, e venga tutt'oggi, rigidamente rispettata le associazione ambientaliste hanno continuato a boicottarne il commercio.
Il mercato delle pelli di foca si è così definitivamente chiuso e la quasi totalità degli abitanti di Ammassalik ha gravi problemi di sopravvivenza.
Cosicché molti cacciatori anziani, e anche molti giovani, per cercare un lavoro abbandonano i villaggi di origine sparsi lungo i fiordi e si trasferiscono a Tasiilaq, che rappresenta per loro la 'grande città' con il maggior numero di occasioni lavorative.
Ma anche qui le particolari condizioni climatiche e ambientali permettono esclusivamente una debole economia di sussistenza: né coltivazioni, né allevamento, ma ancora solo caccia alla foca e pesca.

Così pochissimi trovano un'occupazione. Agli altri non resta che trasferirsi ad ovest, nelle grandi città di Nuuk e di Sisimiut, trasferimento che comunque non sempre garantisce un lavoro, oppure vivere con il sussidio di disoccupazione.

Queste consapevolezze: emigrazione con conseguente sradicamento dal proprio luogo di origine e dagli affetti famigliari, disoccupazione e umiliazione per il sussidio, originano, specialmente fra le giovani generazioni, numerosi problemi. Depressione e un tasso di suicidi paurosamente alto sono così all'ordine del giorno.

 

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